Cosa vuol dire essere un brand di lusso in un mondo in cui tutto è gratuito?
Il digital appiattirà il mondo del lusso?
La rivoluzione digitale ha plasmato almeno cinquant’anni di storia: una rivoluzione prima cauta, poi sempre più veloce e fiduciosa, fino ai ritmi travolgenti e quasi ingestibili di oggi. Sul suo percorso ha lasciato alcune vittime illustri, all’incirca tutti quelli che non sono riusciti ad adattarsi ai suoi paradigmi. I brand del lusso si trovano oggi a dover decidere da che parte stare.
A pensarci, Internet ha poco a che fare con il lusso. È nata su premesse di democrazia e accessibilità e ci ha convinti che tutto debba essere disponibile e soprattutto che debba essere gratis. Per quanto riguarda gli acquisti, poi, ci ha abituati ad essere dei clienti spietati e infedeli, sempre un passo avanti ai brand che acquistiamo.
Eppure il lusso online vende. Sempre di più.
Secondo la società di consulenza McKinsey, nel 2025 un quinto degli acquisti di beni di lusso avverrà online. E già oggi l’80% di questi acquisti è “digitally influenced”, ovvero in qualche modo influenzato da contenuti visti online. Qui potete leggere l’intero report.
Quello che emerge è che i brand di lusso devono adattarsi al mondo digitale sia nel marketing che nella cura del cliente, fino a ristrutturare il proprio intero modello di business. E molti lo stanno già facendo con successo: Hermès ha creato un’app, Silk Knots, che spiega all’utente come annodare il proprio foulard; Burberry combina personalizzazione, canali social, interazione tra online e store; ma forse il caso più eclatante è quello di Gucci, che sembra aver trovato un proprio linguaggio ed incrementa le vendite di conseguenza.
I brand di lusso che funzionano meglio nel digitale sono quelli che capiscono le aspettative dei millennial. Per questo offrono esperienze prima che prodotti, parlano un linguaggio visivo e riconoscibile, creano storie articolate. Come abbiamo fatto per Frontman, ad esempio.
Tuttavia, resta la sensazione che sia il digitale, e non il lusso, a guidare la partita. Piattaforme e device sono spazi espressivi, ma impongono regole ferree e le cambiano in continuazione. Basta un diverso algoritmo, una nuova funzionalità, e tutti i brand devono ristrutturare la propria comunicazione di conseguenza.
La sfida è quella di non cedere alle sirene dell’efficienza, che sul digital sono particolarmente rumorose. In questo contesto tutto si muove velocemente e il rischio che corrono i brand del lusso — icone costruite in decenni di storia — è di rincorrere successi nel breve periodo, sacrificando un’identità costruita in decenni.
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