Navigando la maggior parte dei siti di fashion si potrebbe pensare che si siano passati lo stesso template. Cos’è successo all’indomabile creatività dei brand di moda?
I siti di moda dovrebbero essere dei trip digitali
La disputa tra forma e funzione è molto accesa quando si parla di siti, considerando che l’usabilità è una delle prime preoccupazioni di qualunque designer. Questo ovviamente è giusto e sano. Eppure, quando si parla di brand di moda, specialmente di quelli di fascia alta, i risultati possono essere deludenti.
Molti siti di moda sono di base dei siti di e-commerce
Oggi più che mai, vendere è una priorità e gli utenti non devono perdersi in sistemi di navigazione creativa. Quindi ha senso che i siti di moda adottino un approccio semplice e diretto, che punta a rendere più facile trovare un prodotto e metterlo nel carrello.
Il lato oscuro di questo ragionamento, però, è la cosiddetta digital sameness: ottimizzando design e interazioni in base a regole condivise, si finisce per avere tutti lo stesso prodotto. Basta guardare i siti dei più grandi marchi di moda: si direbbe che abbiano cambiato solo font e immagini. Le griglie sono perlopiù le stesse, con un’ampia copertina di apertura, i box “collezione donna/uomo” nella seconda schermata e magari un link alla pagina corporate. La creatività è trasmessa solo attraverso i video e le foto di collezione. Ma è proprio inevitabile che sia così?
La moda può spingere il digitale al limite come ha fatto in altri campi?
Tradizionalmente, la moda ha flirtato con i migliori e più innovativi artisti, fotografi, creativi. La moda è sempre stata in anticipo sui tempi, rompendo le regole e creandone di nuove. È sconcertante vedere come sia cauta quando si parla di digitale.
Anche se la funzionalità è importante, non si può fare a meno di pensare che siti come questi rompano la narrazione del brand, facendolo improvvisamente apparire banale. Sembra che gli innovatori del digitale in qualche modo sfuggano allo sguardo della moda.
La sperimentazione digitale come eccesso
Quello che di solito vediamo sono piccoli esperimenti digitali applicati a singole collezioni, prodotti o iniziative. In questi casi, la navigazione spesso diventa simile a un gioco, con un’abbondanza di 3D e animazioni. Prendete per esempio Gucci, che negli ultimi tempi è stato uno dei brand di moda più visionari. Il sito ufficiale ha una navigazione convenzionale, ma la maison ha sperimentato con la Gucci Mascara Hunt, un gioco per browser di ispirazione retro. Un altro esempio è Max Mara’s Bearing Gifts. Sono tutti esempi divertenti, ma sembrano tutti discendere dallo stesso pregiudizio: un sito innovativo non deve avere altra funzione che intrattenere.
Il genio è nei dettagli
La via migliore è probabilmente nel mezzo: l’innovazione non dovrebbe rovinare l’esperienza utente, ma creare quel tanto di frizione che la rende memorabile e che trasmette un punto di vista. La chiave è rompere le aspettative.
Prendete per esempio il sito di Balenciaga: rendendo la navigazione austera ed essenziale, spogliata di tutte le immagini, sovverte le convenzioni della moda e riesce a emergere in un mare di cloni. Guardando brand più piccoli, Madina Visconti riesce a rendere interessante la navigazione (anche se questo vale soprattutto per il desktop). Lavorare su piccoli dettagli come menu, animazioni, scrolling, filtri, aggiungerà dei twist inattesi e darà vita alla voce del brand.
Gli esempi scarseggiano, specialmente tra i grandi brand. Ovviamente questo non è un giudizio su grafica e foto – che sono solitamente eccezionali – ma su come questi siti dovrebbero funzionare e comportarsi. Combattere la dipendenza da template è un obbligo.
Un buon proposito sarebbe quello di rubare dai siti di altre industry: l’imitazione è comprensibile e in alcuni casi giustificata, ma solo un’immaginazione sfrenata farà brillare nuovamente i brand della moda.
Una vera sfida per il digital design.
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