Le grandi campagne di moda spesso sembrano non avere bisogno di parole. Questo vuol dire che i brand di moda possono ignorare del tutto il copywriting? Assolutamente no.
Ai brand della moda serve davvero il copywriting?
La moda è un mondo visivo, su questo non c’è dubbio. Le campagne di moda solitamente consistono di immagini straordinarie, con poche o nessuna parola. Persino le agenzie sono tagliate fuori, perché solitamente il direttore creativo della maison guida la creatività. Figuriamoci il copywriting.
Un’idea diversa di copywriting
Per poter rispondere alla domanda di apertura dobbiamo andare oltre l’idea comune che abbiamo del copywriting: la moda normalmente non ci dà la possibilità di “scrivere l’annuncio pubblicitario”. Il che ha senso: i messaggi razionali non sono particolarmente utili quando comunichiamo dei prodotti così visuali.
Eppure un copywriter serve, nel momento in cui consideriamo il copywriting in chiave un po’ più ampia. Non come la scrittura del solo annuncio, ma delle parole e concetti che aiuteranno il brand a differenziarsi.
Parole invisibili: il copywriting e la narrazione nel fashion
Uno dei trend che abbiamo visto in questi anni è quello dei brand di moda che provano a creare delle narrazioni. Sono strutture di fondo che collegano i diversi soggetti di campagna e offrono al pubblico una prospettiva più profonda da esplorare. Alcuni esempi brillanti di questa tendenza li troviamo nel lavoro di Alessandro Michele per Gucci o nelle ultime sperimentazioni creative di Balenciaga.
I brand della moda possono creare le proprie narrazioni da soli? Certo che sì. Un copywriter può aiutarli? Di sicuro: approcciare la narrazione in modo più strategico fa sì che non solo la campagna sia un successo, ma che getti le fondamenta per le successive ondate di comunicazione.
Sarà compito del copywriter creare la struttura narrativa, inventare la storyline e pianificarne gli sviluppi futuri. La maggior parte delle parole sarà invisibile all’osservatore esterno, eppure darà forma al modo in cui il brand comunica.
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Cogliere le opportunità del digitale con il copywriting
L’assenza pressoché totale di parole dagli annunci di moda si può notare in modo particolare sui media tradizionali come stampa e outdoor, che sono pensati per essere osservati passivamente.
Il digitale, però, è diverso. In quanto media interattivo, ha bisogno di copy e microcopy per coinvolgere l’osservatore/lettore e guidarlo attraverso una serie di scelte e azioni.
Purtroppo, questa parte spesso viene trascurata dai brand di moda, che finiscono per associare immagini di primissima scelta con copy noiosi e banali. È un peccato, dal momento che ci sono così tanti elementi copy che potrebbero contribuire a costruire il brand, anche in modo molto sottile. I testi del sito, le CTA, le newsletter, gli status social: questi elementi di testo apparentemente umili costituiscono buona parte dell’esperienza online dell’utente.
Scriverli con intenzione può fare la differenza.
Conclusione: legare tutto insieme con il tone of voice
Ciò che spesso vediamo nella comunicazione dei brand di moda è una disconnessione netta tra la comunicazione di alto livello (spesso immaginata dal team creativo della maison) e gli elementi copy più piccoli che vengono lasciati per ultimi. Si tratta spesso del lavoro di team diversi, e si vede.
Far sì che tutto funzioni insieme è compito del copywriter, e dipende principalmente dalla definizione di un tone of voice (guarda il tone of voice creato da Sublimio per Frontman). Questo non è un concetto con cui la moda sia familiare, perché le guideline di tone of voice sono pensate per essere longeve, mentre la moda si nutre di novità.
Eppure, i brand di moda dovrebbero considerare la possibilità di lavorare con un copywriter per mettere al sicuro il loro tono di voce: non impedirà al brand di reinventarsi stagione dopo stagione, ma permetterà di costruire valore di brand nel tempo.
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